Io #votoconipiedi è un podcast di provocazione e riflessione sulla politica italiana
Per tutta la campagna elettorale le elezioni del 25 aprile sono state presentate come una partita che aveva già un vincitore e come una competizione finalizzata a stabilire i termini e le dimensioni di questa vittoria, ma soprattutto a determinare la distribuzione della sconfitta. A ben guardare il grande assente di tutta questa narrazione par essere il libero arbitrio in uno schema nel quale i gradi di libertà per ciascun giocatore appaiono estremamente limitati.
In questo podcast abbiamo visto come ci sia ben poco da scegliere per gli elettori, poiché la composizione del parlamento futuro, al netto di qualche ridotto intervallo di confidenza è stata già decisa a tavolino dalle segreterie di partito nel momento in cui hanno finalizzato le alleanze.
Prima della definizione delle coalizioni, Fratelli d’Italia e il PD erano molto vicini nei sondaggi e la prospettiva di una “vittoria annunciata” derivava essenzialmente dal fatto che il partito di Giorgia Meloni disponeva di “alleati naturali” con i quali formare un fronte sufficientemente unito, mentre il partito di Letta si divideva tra il Centro Moderato di Calenda e Renzi e la Sinistra di Frantoianni e Bonelli, dovendo fare i conti anche con il terzo incomodo a 5 stelle che non è mai sceso sotto il 10% di consensi.
L’unica vera scelta di Letta, condivisibile sul piano della credibilità e dei valori, ma tatticamente perdente col senno di poi e col buonsenso di prima è stata quella di chiudere al campo largo sul quale pure si erano spese non poche energie in precedenze. Non possiamo sapere quale sarebbero stati gli esiti di un matrimonio di interesse con Conte, quel che si può dire con un occhio agli ultimi sondaggi è che è difficile immaginare uno stato del mondo peggiore per il PD.
Insomma, le elezioni italiane ricordano un po' la Cronaca di una Morte annunciata: gli italiani non possono scegliere se mandare o meno Giorgia Meloni al governo, perché Letta ha già scelto per loro che qualsiasi alternativa al centrodestra sarà perdente. Quello che decidono gli italiani votando è se il voto di scambio basato sul reddito di cittadinanza funziona tanto oppure tantissimo. Se il centro moderato vale poco o pochissimo e le cinquanta sfumature di populismo da destra a sinistra valgono quanto l’astensione o, si spera un poco di meno.
Avrà poco da scegliere il governo di Centrodestra, perché se vuole durare più di qualche mese dovrà tenere fede agli impegni presi con l’Europa ed astenersi dal disastrare il bilancio dello stato. In caso contrario dovrà rispondere della perdita dei fondi del PNRR, di una crisi di fiducia da parte dei mercati e affrontare un commissariamento come già avvenuto in Grecia.
Poca scelta avranno anche i partiti dell’opposizione, il terzo polo di Calenda e Renzi, se mai il governo dovesse dimostrarsi responsabile difficilmente potrebbe astenersi dal collaborare e in caso contrario dovrebbe litigarsi gli avanzi del consenso di un pubblico distratto deluso e disilluso come è avvenuto in campagna elettorale.
Cosa andiamo a votare allora alle elezioni del 25 settembre? Votiamo sulla distribuzione simbolica della sconfitta per i partiti che hanno scelto di non percorrere l’unico accordo che avrebbe avuto qualche possibilità di pareggio, se non di vittoria, con la prospettiva realistica di spostare pochissimi seggi o forse nessuno.
Non critico chi guarda ai partiti e ai programmi come se ci fosse veramente una partita da giocare o chi si ostina a votare il menopeggio per qualche maleinteso dovere morale. Io con questo podcast cerco di stimolare una riflessione di lungo periodo che vada al di là della tattica elettorale che guida le agende di tutti partiti politici. Una partita da giocare sul campo della cultura e della responsabilità e che si può sperare di vincere solo a beneficio delle generazioni future. Per il momento ricordate che è perfettamente legale e per nulla immorale recarsi alle urne e scrivere sulla scheda io #votoconipiedi con l’hashtag prima della virgola e senza spazi.