Comincio questo podcast in vista delle prossime elezioni del 25 settembre e, se il riscontro dei primi episodi sarà positivo, vorrei provare anche a realizzare un istant book, che analizzi un po' le proposte politiche esistenti, anche a sostegno della conclusione più logica derivante dall’analisi delle alternative disponibili, che è appunto quella del #votoconipiedi.
Si tratta di una provocazione, ma anche un tentativo di riflessione su diversi aspetti disfuzionali del sistema politico italiano, dalla struttura dei partiti alla legge elettorale, sulle conseguenze per l’operato dei governi di vincoli esterni come l’adesione alla NATO e all’ Unione Economica e Monetaria Europea e anche di sbugiardare diverse narrazioni che sembrano date per assodate e nei confronti delle quali il ruolo di cane da guardia del giornalismo latita.
Cominciamo con un sasso nello stagno: votare a tutti i costi, anche se il meno peggio ormai assomiglia fin troppo al peggio è davvero un dovere morale?
L’astensione dal voto è spesso considerata un argomento tabù oppure un non-argomento. Chi non vota fa un favore agli avversari, è dotato di scarso senso civico e/o semplicemente non si interessa di politica. L’aura negativa attorno a questo tipo di scelta, si giustifica in teoria con l’idea che una minore partecipazione elettorale indebolisca il tessuto democratico, lasciando che minoranze ben organizzate possano conquistare la maggioranza dei posti in parlamento diventando determinanti nella formazione dei governi che decideranno le sorti del paese intero. Sotto il profilo più emotivo e ideologico, quelli che vedono le elezioni come una competizione tra diverse visioni del mondo, percepiscono l’astensione come un’occasione mancata e un esercizio di ignavia, moralmente censurabile, da parte di persone che, incapaci di prendere una posizione, forniscono un ingiusto vantaggio a chi si trova temporaneamente avanti nella corsa.
Difficilmente troverete qualcuno disposto a considerare l’astensione come un’alternativa percorribile sulla base di scelte ragionate e valutazioni obiettive. Io vorrei provare a colmare questo vuoto e a discutere del tema senza giudizi morali o paraocchi ideologici, suggerendo un’alternativa a metà strada tra la provocazione e lo spunto di riflessione: il #votoConiPiedi. Prima di illustrare cosa si intende con questa espressione colorita, proviamo soffermarci brevemente sulla scelta di non votare come risultato di una valutazione consapevole e di una scelta razionale.
In primo luogo, la “scelta di non scegliere” è per definizione una delle opzioni possibili e, qualora nessuno dei partiti indicati nella scheda elettorale rappresenti una scelta di soddisfazione, dovrebbe risultare la decisione più logica. Se ti sembra che nessuno dei partiti esistenti meriti il tuo voto, la scelta più ovvia è non votare nessuno. Per quanto si faccia sovente confusione, in Italia esiste un diritto di voto, ma non esiste alcun dovere di votare, anche se quest’ultimo risponde ad una morale abbastanza diffusa tra gli strati più istruiti della popolazione. Per contro, si potrebbe obiettare che la rinuncia ad esprimersi costituisce la più alta forma di libertà come ben espresso da Dante Alighieri nel Purgatorio canto I vv. 70-72: libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.
Questo tipo di conclusione risulta particolarmente difficile da accettare per quelli che considerano la politica alla stregua del tifo sportivo o della religione. Se il partito è come la squadra del cuore, non lo abbandoni quando gioca male e men che meno quando perde, anzi la tua appartenenza si rafforza nei momenti di difficoltà. Se rappresenta l’ideologia in cui credi, cercherai di sostenerla anche se i candidati sono mediocri e le alleanze discutibili; rimarrai fedele al simbolo anche se nulla dei programmi passati è mai stato messo in atto e addirittura se non ci sono credibili prospettive che si realizzi alcunché di quanto promesso. Il nodo fondamentale è che gli altri sono il peggio e il partito che continui a votare anche “turandoti il naso” (espressione coniata da Indro Montanelli nel ’76) costituisce il “meno-peggio”.
In secondo luogo, si può osservare come il voto per ideologia e il sostegno al meno-peggio costituiscano un pericoloso disincentivo nei confronti dell’operato dei politici di mestiere o dei cosiddetti “mestieranti della politica”. Questi ultimi, se si convincono che un serbatoio di voti gli è garantito per fede o per appartenenza ideologica, si dedicheranno a conquistare quegli elettori per i quali la scelta non è scontata, anche e soprattutto a costo di scontentare la base storica, che si lamenta e protesta, ma poi in larga misura segue il partito qualsiasi cosa faccia.
La ricerca del consenso verrà portata avanti coltivando alcune minoranze ben organizzate (per es a sinistra insegnanti e pensionati, a destra tassisti, gestori di stabilimenti balneari etc) le cui rendite di posizione diventeranno vincoli inamovibili alla strategia politica del partito oppure allontanandosi in modo graduale e progressivo dai valori storici del movimento politico. Ne consegue che, scegliendo sistematicamente il meno-peggio, si dà al partito di riferimento un buon motivo per peggiorare arrivando talvolta per paradosso ad assomigliare sempre più a quel “peggio” che in principio si voleva contrastare. A quel punto, guardando in modo obiettivo, le differenze tra le alternative a disposizione diventano sempre più difficili da riconoscere.
In terzo luogo, alle riflessioni di carattere generale si aggiungono elementi specifici attribuibili al carattere peculiare del nostro paese. In Italia, in genere, coalizioni di partiti costruite a geometria variabile esprimono governi di breve durata ai quali è estremamente difficile ascrivere meriti o demeriti di sorta. Dunque, ciascun partito può addurre la breve partecipazione ad un governo sostenuto da maggioranza eterogenea quale giustificazione per la mancata, parziale o talvolta nulla attuazione dei propri programmi. Ne consegue che si osserva in modo quasi strutturale una crescita del consenso per i partiti all’opposizione e una riduzione per quelli al governo.
L’Italia è inoltre caratterizzata da una serie di vincoli, dall’adesione al patto atlantico alla partecipazione all’Unione Economica e Monetaria, che da un lato riducono i margini di manovra per l’operato dei governi e dall’altro limitano i danni potenziali che può causare la presenza al governo di forze politiche che si dichiarano “anti-sistema” come testimoniato dall’esperienza del Movimento 5 Stelle che ha governato insieme a Lega Nord e, successivamente con il Partito Democratico. La presenza di vincoli esterni può essere una chiave di lettura per spiegare la scarsa partecipazione politica dei ceti più produttivi del paese e l’assenza di una forza politica che ne tuteli gli interessi, a costoro appare quasi irrilevante quale mestierante della politica vinca la lotteria delle elezioni e sulla base di quali promesse inverosimili o al costo di quale mancia per ingraziarsi questa o quella minoranza organizzata: il paese resterà sui binari tracciati dai vincoli esterni e, all’occorrenza, ove la nave dovesse risultare fuori rotta, si chiamerà un tecnico per rimettere le cose a posto.
In che modo si può allora votare con i piedi? Generalmente con questa espressione si fa riferimento a chi emigra perseguendo all’estero opportunità di carriera e di lavoro più numerose e diversificate di quelle disponibili in patria. Si tratta dunque di una lettura a posteriori della scelta di trasferirsi come vero e proprio “voto di sfiducia” nei confronti di un paese nel quale non è possibile esprimere appieno le proprie potenzialità. Più in generale, si può applicare questo concetto a chi decide di lasciare un’impresa incapace di valorizzare le proprie risorse umane o abbandona un’iniziativa che non si ritiene possa avere successo e/o sulla quale non si ritiene di poter incidere in modo significativo.
Si può votare con i piedi smettendo di comprare quel quotidiano che da tempo ha smesso di informare in modo indipendente (ammesso che lo abbia mai fatto) e che riporta in modo tardivo letture di parte che fanno comodo al referente di turno. È voto con i piedi la rinuncia a guardare la spazzatura morbosa che diffondono i talk show tanto diffusi sui canali più comuni tra chi ancora guarda la televisione. Stesso discorso per il seguito fatto di like o dislike per gli influencer che creano montano ad arte casi giudiziari su uno scontrino sbagliato o su un POS che non funziona, mentre il resto del mondo va a fuoco per l’inflazione, la guerra e il cambiamento climatico.
In definitiva, se vi piace la metafora visionaria, il #votoconipiedi è un voto dato alle generazioni future dichiarando che, se non c’è speranza per il presente, si può lavorare sulla cultura e la forma mentis per fare in modo che i nostri figli possano dare vita ad un sistema meno distorto, ingiusto e autoreferenziale.
In conclusione, il proposito umile di questo podcast è suggerire come l’astensione alle urne e il dissenso manifestato per altre vie possa raccordarsi in un unico #votoconipiedi che probabilmente non cambierà il mondo (ma figuratevi cosa avreste cambiato votando la versione più aggiornata dei predatori della poltrona perduta), ma potrebbe aiutarvi a respirare un’aria diversa e a mettere in discussione alcune pratiche che in troppi e da troppo tempo diamo per scontati.
Per riassumere:
Votare è un diritto, non un dovere, pertanto non votare, se nessuna delle alternative a disposizione ci rappresenta è una conclusione improntata al semplice buonsenso
Non votando NON consegneremo il paese alla dittatura, perché nessuna delle forze politiche che dispongono di qualche consenso rilevante in Italia costituisce un reale pericolo per la democrazia
Non votando NON sprecheremo l’occasione di scegliere una alternativa accettabile, ancorché non ottimale, perché tutte le proposte disponibili declinano una tattica di breve termine per accaparrarsi un seggio in più a scapito di qualsiasi principio o valore condiviso e in assenza di qualunque visione di lungo periodo
Non votando potremmo protestare efficacemente (se fossimo in numero sufficiente ed esprimessimo il dissenso scrivendo sulla scheda per esempio: io #votoConiPiedi) contro un sistema degenerato, dalla struttura dei partiti alla legge elettorale, che attrae e favorisce i “predatori della poltrona perduta” e respinge le persone capaci interessate al bene comune
Non votando potremmo essere tacciati di antipolitica, qualunquismo e finanche di superficialità, ma l’accusa ci verrebbe da chi è troppo ingenuo o ipocrita per constatare che la politica dei grandi ideali è morta e sepolta e che la vera superficialità consiste nel non prendere atto di questo dato di fatot ed agire di conseguenza
Non votare non vuol dire aderire ad una religione nichilista e non esclude la possibilità di tornare di corsa al seggio ove qualche reale pericolo dovesse comparire all’orizzonte, in particolare con riferimento agli sconvolgimenti che osserviamo a livello mondiale dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia
Votare con i piedi significa impegnarsi nel sociale e piantare oggi i semi di una cultura e di una visione del mondo che possa portare domani alla formazione di una classe politica degna di questo nome.
Per concludere, quando vi proponessero il quesito paradossale: che succede se ci asteniamo tutti? Potere rispondergli in modo creativo e visionario: pensate a un giorno in cui milioni di italiani scrivono sulla scheda io #votoconipiedi e i vertici di tutti i partiti sono costretti a prendere atto del loro fallimento. Magari qualcuno addirittura si dimette oppure qualcun altro trova il coraggio di dare vita ad un progetto fatto di facce nuove e credibili che valga la pena votare? Illusione ? Certamente, ma tra chi vota con i piedi pensando al futuro e chi si illude che votare i vestiti nuovi della vecchia politica serva a qualcosa, chi sceglie l’illusione più grande e chi riceverà la delusione maggiore?
Io #votoconipiedi è un podcast di provocazione e riflessione sulla politica italiana, potrebbe diventare un istant book da leggere prima del prossimo 25 settembre se ricevo riscontri positivi. Nel frattempo vi ricordo newsletter, podcast e libro de la Finanza in Soldoni, che spiega in modo semplice la finanza, trovate tutti i riferimenti sul mio blog (https://massimofamularo.com/)