Un adagio umoristico (da alcuni chiamato Teorema di Platone) recita che “quelli troppo intelligenti per fare politica, sono condannati ad essere governati dagli stupidi”
Vista la ridotta affluenza alle europee e l’affermazione dei partiti populisti arrivano immancabili le recriminazioni, le illazioni controfattuali, soprattutto da parte dichi si colloca nello spazio di quell’ipotetico “terzo polo”, come qualcuno incline alla magniloquenza ha voluto definirlo in passato, che alle ultime elezioni è rimasto privo di rappresentanza.
Partendo dal cuore di questa rubrica: Dovremmo fare autocritica sul concetto di voto con i piedi? I cinici sedicenti intellettuali che decidono deliberatamente di non esercitare il proprio diritto hanno dato una mano ai barbari?
Se vi fermate un attimo a pensare la risposte è: no, anzi.
Se la gente non va a votare è molto probabile che, nell’ordine
Non abbia o abbia perso interesse per la politica
Abbia maturato la convinzione che non serve a niente votare
Pur volendo votare non riconosca nessuna tra le alternative possibili come accettabile
Di chi è allora la colpa? Di chi con la propria azione politica ha lentamente costruito il declino che osserviamo o di chi, come questo piccolo, modesto osservatorio, si propone come termometro della malattia?
Sulla storia del dovere morale di votare abbiamo già detto tante volte. E’ molto conveniente e opportunistico svegliarsi ogni 4 o 5 anni per mettere una croce sul meno peggio ed essere convinti di aver assolto al proprio dovere. Costa invece fatica e tempo, informarsi, farsi domande e dubitare tutti i giorni delle narrazioni propagandistiche dilaganti.
Partiamo dagli amici del terzo polo. Esiste con ogni probabilità un insieme grande forse un 8% o 10% dell’elettorato che non si riconosce né nella sinistra statalista, assistenziale e corporativa, né nella destra conservatrice, nazionalista e corporativa. SI avete capito, il corporativismo che affonda le sue radici culturali nel fascismo è largamente maggioritario sia a destra che a sinistra. Cambiano gli amici e le categorie da proteggere. Questo 10% scarso magari pensa che il mercato sia un efficace motore di ricchezza e civiltà e che lo stato debba fare l’arbitro e al più soccorrere i deboli e non scendere il campo rubando il posto ai giocatori.
Questi terzisti non hanno e non avranno mai una rappresentanza politica perché il loro voto si disperde tra i personalismi, di cui abbiamo avuto un fulgido esempio alle ultime elezioni e il meno peggio di chi si accontenta di votare le ali moderate di destra e sinistra. Dopo la sberla di non aver preso il seggio, forse qualcuno si accorgerà che serve una proposta diversa e servono facce diverse. Oppure no. Quello che a me pare evidente è che la sberla di non aver preso un seggio è un segnale molto più efficace e costruttivo di una vittoria per il rotto della cuffia.
Che dira allora dei barbari? Se gli intellettuali annoiati, che hanno deciso di non votare, avessero in alternativa accettato di turarsi il naso e mettere una croce sul meno peggio avremmo arginato l’orda populista degli estremisti, tra i quali spiccano anche quelli eterodiretti da Putin?
La risposta più razionale è che nessuno ci può garantire che una minore astensione avrebbe penalizzato i partiti antisistema. Anzi può essere vero il contrario. In un contesto nel quale l’informazione, quando non è chiaramente distorta è spesso di parte, esiste una probabilità non piccola che, a una maggiore affluenza alle urne, corrisponda una maggiore presenza di elettori informati poco e male, inclini ad attribuire un voto di protesta a chi urla più forte.
Veniamo allora alla conclusione e all’invito all’autocritica. Se siete tra quelli che si lamentano del successo elettorale dei “fascisti” e delle macchiette grottesche sulla patria, la famiglia e la cucina italiana, forse dovreste invitare all’autocritica le forze politiche che dovrebbero e non riescono a proporre un’alternativa credibile.
Se un elettore ha la partita IVA e contribuisce ogni giorno che dio manda in terra a creare valore per questo paese, nonostante l’ostilità normativa e la burocrazia invadente, forse non è il massimo sentirsi stigmatizzato come evasore. Soprattutto se quella partita IVA è un escamotage reso necessario da una regolamentazione del lavoro che divide il mondo in privilegiati e paria che si ritrovano cornuti e mazziati. Possiamo biasimarlo se magari non segue i grandi temi della politica internazionale e si limita a preferire chi si rivolge a lui trattandolo con dignità?
Poi sappiamo che la destra sul tema racconta storie e non conclude nulla, tuttavia un centrosinistra che guarda il mondo con gli occhi dei pensionati e dei dipendenti pubblici difficilmente potrà mai essere preso in considerazione da imprese e professionisti se continua a trattarli come ladri ed evasori.
Quanto ai famigerati liberali, categoria che, come l’araba fenice che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun, lo sa, finché continuano a dar credito a chi costruisce partiti e alleanze a geometria variabile secondo le convenienze del momento oppure a sperare in qualche rara eccezione, che milita nei partiti tradizionali per confermare la regola che in quell’ambiente non c’è posto per chi crede nel mercato, nella concorrenza e nel merito, ebbene questi sedicenti liberali se lo meritano di non avere alcuna rappresentanza politica.
Come concludere questa disamina un po' impietosa nella quale sembra che non si salvi nessuno?
Ricordando che possiamo votare tutti i giorni, con i piedi, con il portafoglio, con la voce e con la testa. Possiamo osservare in modo disincantato quello che succede affrontando le narrazioni che ci piovono tutti i giorni con una sana dose di scetticismo. Il nostro voto è importante e chi vuole ottenerlo deve fornire proposte credibili, se non ce ne sono in giro, meglio aspettare alla finestra seminando il dubbio ed esercitando il potere politico nelle scelte di tutti i giorni.
Io #votoconipiedi è un podcast di provocazione e riflessione sulla politica italiana e non solo, che porta avanti la strana illusione che si possa fare politica anche senza votare o candidarsi, con effetti nel lungo periodo anche maggiori.