Cosa pensano la Meloni e la Schlein dell’innovazione? Quanto ne sentite parlare dai progressisti di centro? La priorità più grande evidenziata dal Report Draghi sulla competitività è ignorata dai politici italiani. Poi domandatevi perchè non si trova un argine al declino del nostro paese.
Immaginiamo un dialogo ironico, ma neanche tanto:
On. Meloni cosa pensa dell’innovazione?
Che in Italia abbiamo i migliori cervelli del mondo e che potremmo sussidiarli con uno bel credito fiscale spendibile in 10 comode rate annuali. Forse dovremmo anche mettere un dazio sulle innovazioni straniere. Non ragiona così anche Trump? Rendiamo l’Italia ancora gande.
On. Schlein cosa pensa dell’innovazione?
Che se la fanno i privati distrugge i posti di lavoro e siamo contrari. Se invece attribuiamo allo stato un monopolio naturale allora possono venirne fuori anche cose buone, però serve denaro per fare gli invstimenti e quindi dobbiamo tassare i ricchi.
On. qualunque di un micropartito progressista cosa pensa dell’innovazione?
Che è la chiave di tutto. Noi per esempio siamo molto innovativi, abbiamo un piano che si chiama Italia Innova 5.0 e proponiamo di detassare le imprese innovative (dcidiamo noi quali) e di fare investimenti pubblici (decidiamo noi quali) . Pensiamo di prendere di ottenere i soldi che servono dalla lotta all’evasione fiscale, ma anche da una spendig review in strile Elon Musk, se riduciamo dell’1% le spese deri 5 ministeri principali otteniamo un risparmio del 5% sull’insieme considerato in partenza.
On. qualunque di un partito populista qualsiasi cosa pensa dell’innovazione?
Chè una cosa potenzialmente buona, che però deve essere regolata in modo stringente. Pensiamo a un ministro per l’innovazione che non ha il portafogli perchè tanto non serve: potrà segnalare agli altri ministri quali sono gli investimenti innovativi. Per il finanziamento pensiamo a una emisione di BTP dedicata alle famiglie con immagini di Harry Potter e la pietra filosofale.
Ok a parte gli scherzi cosa pensa la politica italiana dell’innovazione?
Che è una parola che suona bene e che può funzionare al mercato del consenso. Ma va teniuto conto che, nella distinzione fatta da Umberto Eco tra “Apocalittici” e “Integrati” l’italiano medio si iscrive con decisione tra gli apocalittici. Ne consegue che qualsiasi nerrazione politica che faccia riferimento all’innovazione, non deve essere troppo entusiasta e cercare di ricondurre il concetto a categorie familiari e possibilmente tradizionali. Per dirla in neolingua i l’innovazione deve essere conservazione.
Sensato, ma alquanto teorico, questo in pratica come si traduce?
Si traduce che i politici italiani concepiscono la realtà come divisa tra:
agevolazioni e spesa pubblica (che va esteticamente chiamata investimento) nei confronti degli amici, alleati, sostenitori
regolamentazione stringente e tassazione (che va esteticamente chiamata lotta all’evasione, semplificazione o simili) nei confronti dei nemici, avversari, chiunque altro non torni utile
Quindi innovazione sarà un’etichetta da dare alla spesa in favore di amici/alleati e una giustificazione per tassare/regolamentare nemici e avversari
Ok, ma quanto sarà mai grave se la politica italiana ignora l’innovazione?
Come confermato dal report Draghi sulla competitività la mancanza di innovazione è IL PROBLEM del vecchio continente e, potremmo aggiungere senza tema di smentita, una delle cause più rilevanti del declino del nostro paese
Mmm molto teorico che vuol dire in pratica?
Che se non innoviamo siamo meno produttivi e se il resto del mondo innova ed è più produttivo di noi, saremo sempre più poveri e arretrati
Che i nostri stipendi saranno più bassi e i nostri lavoratori meno soddisfatti
Che chi ha voglia di rischiare e creare valore per la collettività troverà sempre più conveniente anadare a farlo altrove
Che chi non può o non vuole andarsene troverà più difficile guadagnare a livelli decenti e trovare soddisfazioni professionali
Che in un circolo vizioso, per raschiare il fondo dovremo tassare e penalizzare sempre di più chi è rimasto a rischiare e a cercare di creare valore (anche per la collettività) in italia
Abbastanza triste e pessimista, che ci resta da fare allora?
La prima risposta ovvia che da il titolo a questa rubrica è votare con i piedi contro i politici esistenti e non sostenere alle urne il meno peggio che è complice del declino italico.
Non cè nessuna speranza?
A titolo personale ho aderito al movimento drin drin di Alberto Forchielli e Michele Boldrin. Nessuno mi garantisce che l’iniziativa avrà successo e non c’è nessuno che possa fare al mio posto il lavoro di creare un bel partito da votare.
Il partito non si costruisce da solo, però c’è questo incubatore promettente e se un numero di persone sufficiente di persone aderisci c’è speranza di avere un partito che consideri l’innovazione una priorità. A me per il momento questo basta.
Io #votoconipiedi è un podcast e una newsletter di provocazione e riflessione sulla politica italiana e non solo, che porta avanti la strana illusione che si possa fare politica anche senza votare o candidarsi, con effetti nel lungo periodo anche maggiori.